Come ogni anno in vista dell'estate, l'Académie de France di Roma riunisce in una mostra collettiva i progetti dei sedici collegiali al termine del loro anno di residenza a Villa Medici. In questa occasione, le opere lasciano l'intimità degli studi e si spostano nelle sale espositive, dove possono essere viste dal pubblico.

La mostra Étincelles / Scintille riunisce il lavoro di sedici artisti, scrittori e ricercatori che hanno trascorso un anno di residenza creativa, sperimentazione e ricerca a Villa Medici.

Questo evento artistico si trova all’incrocio di varie pratiche, dalle arti visive alla composizione musicale, alla letteratura, all’architettura, alla regia teatrale, alla storia dell’arte e alla teoria.

Più che una mostra nel senso tradizionale del termine, si tratta di una vetrina di 16 progetti che riflettono un momento particolare della loro carriera: la residenza come laboratorio di sperimentazione. Cosa produce l’esperienza di una convivenza tra individui e l’incontro di pratiche così diverse? Dalle pareti dello studio alle sale espositive, come si dà forma a un’idea o a una ricerca? Queste sono le domande che accompagnano un percorso di proposte sfaccettate, servite da una disposizione spaziale che offre autonomia a ogni progetto pur preservandone l’unità.

Il titolo, Étincelles / Scintille suggerisce l’idea di creazione, ma richiama anche la discordia (“fare scintille”) e la comprensione (“la scintilla è avvenuta”). Questo termine altamente visivo, legato alla luce e al fuoco e capace di esprimere la vitalità dei progetti dei residenti, evoca la velocità che deriva dall’inevitabile temporalità di un anno di residenza che sta per concludersi e il desiderio dei residenti di lasciare una traccia documentando la ricerca svolta durante il loro soggiorno a Roma. Étincelles / Scintille si presenta come un viaggio di corrispondenze, a volte evidenti, a volte più sottili, tra progetti che presentano temi ricorrenti: l’accumulo, la reiterazione di gesti e segni, la riflessione politica in campo artistico, la rappresentazione di corpi frammentati, il rapporto tra paesaggio naturale e artificiale. Questi temi ricorrono in tutti i progetti presentati negli spazi di Villa Medici, in un ritmo che cerca di evidenziare i possibili dialoghi e le affinità tra le varie opere.

Per tutta l’estate, le sale espositive di Villa Medici si trasformeranno in uno spazio di riflessione e sperimentazione, accogliendo proposte libere nelle forme più diverse, espositive o performative, finite o non finite. Questi interventi ci portano nei luoghi – immaginari o fisici, a partire da Roma – che alimentano la creazione più contemporanea e si estendono oltre la mostra.

La serata inaugurale del 14 giugno prevede quattro spettacoli: il primo di Guy Régis Jr, estratto dall’opera multidisciplinare Quel dernier grand conflit pour satisfaire la haine entre les humains, in collaborazione con la compositrice Kaoli Ono, la solista Cyrielle Ndjiki Nya e con la partecipazione del Coro di Piazza Vittorio; la seconda dell’artista americana Emily Mast che, su invito di Julie Pellegrin , creerà la performance IFIF, un antico rituale di gruppo eseguito con una decina di performer sul piazzale di Villa Medici. Si tratta di un gioco che utilizza il caso, la danza e la trance per aprire nuovi modi di stare insieme. L’artista di Los Angeles Emily Mast combina arte visiva, performance dal vivo e attivismo per esplorare le dinamiche di potere e la sovversione di gerarchie apparentemente immutabili. La terza performance riunirà tre residenti intorno a un testo inedito di Kaouther Adimi intitolato Versailles. Letta e diretta congiuntamente da Guy Régis Jr. e Kaouther Adimi, sarà accompagnata dalla musica composta da Hèctor Parra, che la eseguirà al pianoforte insieme a Imma Santacreu . Infine, Marielle Macé combinerà il poema visivo che ha creato con l’artista grafico Francesco Armitti per la mostra Les pensionnaires con una lettura performativa di Breathe in / Speak out; in questo nuovo testo, l’artista esplora il rapporto tra la parola e la respirazione e utilizza le frasi per cercare di ripulire almeno un po’ le nostre atmosfere.

Étincelles / Scintille è accompagnato da un catalogo di progetti realizzati dai residenti dell’Académie de France a Roma. La pubblicazione comprende anche una serie di pagine collettive dedicate ai dialoghi e agli scambi tra i convittori: queste sezioni sono presentate come “intervalli” all’interno del catalogo, lasciando spazio a incursioni, approfondimenti e libere associazioni su diversi temi che hanno segnato l’esperienza dei convittori a Villa Medici.

INFORMAZIONI PRATICHE

Orari di apertura:
dal lunedì alla domenica (martedì chiuso) dalle 10.30 alle 19.00 (ultimo ingresso alle 18.30)
venerdì e sabato dalle 10.30 alle 20.00 (ultimo ingresso alle 19.30)

Informazioni sui tour e sui prezzi

I borsisti del 2021-2022 di Villa Médici

Kaouther Adimi, scrittore

Nata ad Algeri nel 1986, Kaouther Adimi è una scrittrice, drammaturga e sceneggiatrice. Dopo i due primi libri, Des ballerines de papicha (Prix de la Vocation 2011) e Des pierres dans ma poche, ha ottenuto un grande successo con Nos richesses (Prix Renaudot des lycéens e Prix du style), pubblicato da Seuil nel 2017, un’evocazione del leggendario libraio ed editore Edmond Charlot. Il suo quarto romanzo, Les petits de décembre (Prix du roman métis des lycéens), è stato pubblicato nel 2019.

Il suo lavoro mescola archivi e finzione, realtà e immaginario, appropriandosi dei luoghi per trasformarli, portando alla luce storie dimenticate per reinserirle nella storia.

Kaouther Adimi collabora con diverse riviste e scrive anche per il teatro e il cinema.

A Villa Médicis sta lavorando al suo quinto romanzo, Au vent mauvais, in cui, attraverso i destini incrociati di tre personaggi, dipinge un ampio ritratto dell’Algeria che abbraccia quasi un secolo, dalla colonizzazione alla lotta per l’indipendenza, fino all’estate del 1992, quando il paese precipitò nella guerra civile. Au vent mauvais sarà pubblicato nel settembre 2022 da Editions du Seuil.

Direttamente ispirata dalla sua residenza, Kaouther Adimi ha immaginato il pavone rosa, un racconto scritto per il programma OLI di France Inter, musicato nell’ambito della Nuit blanche (novembre 2021) da Hèctor Parra e Imma Santacreu.

Iván Argote, artista visivo e film-maker

Nato a Bogotà (Colombia) nel 1983, Iván Argote è un artista visivo.

Attraverso le sue sculture, installazioni, film e interventi, Iván Argote mette in discussione il nostro rapporto intimo con gli altri, le istituzioni, il potere e i sistemi di credenze. Sviluppa strategie basate sulla tenerezza, sugli affetti e sull’umorismo, attraverso le quali suggerisce approcci critici alle narrazioni storiche dominanti e tenta di decentralizzarle. Nei suoi interventi sui monumenti, nelle installazioni su larga scala e nelle performance, Iván Argote propone nuovi usi simbolici dello spazio pubblico. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni di fama mondiale, tra cui quelle del Guggenheim Museum (New York, USA), del Centre Pompidou (Parigi, Francia), dell’ASU Art Museum (Phoenix, USA), della Cisneros Fontanals Art Foundation (Miami, USA), della Colección de Arte del Banco de la República (Bogotá, Colombia), del Kadist (San Francisco, USA) e del MACBA (Barcellona, Spagna).

Il suo progetto a Villa Medici affonda le radici nel patrimonio della città di Roma e nella sua particolarità di possedere il maggior numero di obelischi al mondo: otto dell’antico Egitto, cinque del periodo romano e innumerevoli altri dell’epoca moderna. Iván Argote vuole concentrare la sua residenza su questi obelischi, sia in termini temporali che geografici. Il suo progetto si articola in due parti: un film documentario in cui un piccione ci accompagna alla scoperta dei diversi obelischi di Roma e una serie di installazioni site-specific a Villa Medici intorno all’obelisco stesso.

Charlie Aubry, artista visivo e musicista

Nato a Lillebonne (Francia) nel 1990, Charlie Aubry è un artista visivo.

Charlie Aubry si è laureato all’École Supérieure des Beaux-Arts de Toulouse (ISDAT) in arti plastiche (DNAP, 2012) ed espressione plastica (DNSEP, 2014), con lode. Sta sviluppando una pratica intorno all’elettronica, attraverso la quale mette in discussione l’errore come metodo di apprendimento. Il suo lavoro inizia con il dirottamento di oggetti elettronici, che diventano rapidamente veri e propri strumenti di creazione sonora e visiva.

Dal 2013 collabora regolarmente con la compagnia Maguy Marin: nel 2014 ha composto la colonna sonora per BiT e poi per DEUX MILLE DIX SEPT , suonata dal vivo durante lo spettacolo; nel 2018 ha scritto la musica e la scenografia dell’ultima creazione della compagnia, Ligne de Crète.

Il progetto di Charlie Aubry a Villa Medici è un’occasione per continuare la ricerca iniziata con l’installazione p3.450 sul rapporto tra tecnologia, usi e arte. L’installazione p3.450 è un’utopia critica, uno scenario anticipatore che mette in evidenza alcuni usi tecnologici e i loro limiti. Secondo Charlie Aubry, questo tipo di scenario speculativo di utilizzo è la materializzazione concreta di possibili cambiamenti – tecnologici o sociali – attraverso oggetti o dispositivi. Le installazioni e le ricerche dell’artista mettono in discussione i comportamenti e gli permettono di guardare con occhio critico ai fenomeni sociali. Durante la sua residenza, Charlie Aubry spera di scrivere nuovi scenari d’uso e protocolli, apportando contributi teorici e facendoli convivere con la sua pratica scultorea e i suoi dispositivi installativi.

Théodora Barat, artista visiva e film-maker

Nata nel 1985 nella regione di Parigi, Théodora Barat è un’artista visiva e regista.

Théodora Barat ha studiato alle Beaux-Arts di Nantes prima di entrare a Le Fresnoy – Studio National des Arts Contemporains. Attualmente sta lavorando a una tesi di ricerca e creazione nell’ambito del programma di dottorato RADIAN. Tra i suoi premi figurano l’Audi Talents Prize (2016), la borsa di studio FACE / Étant Donnés, l’AIC (2020) e il programma di sostegno alla ricerca e alla creazione dell’Institut pour la Photographie (2021).

Il suo lavoro combina scultura, film, installazione, video e fotografia. Le sue opere sono state esposte al K11 – Musea (Hong Kong), al Cneai, alla Emily Harvey Foundation e alla Elizabeth Foundation for the Arts (New York), a Nuit Blanche, Friche de la Belle de Mai, Mains d’Œuvres, Glassbox e CAC Vilnius (Lituania), oltre che nella programmazione video del Palais de Tokyo e in numerosi festival internazionali.

Il suo progetto a Villa Medici si concentra sullo studio e sulla ricerca della possibilità di una scultura documentaria. Come si può dare a una scultura un valore documentario senza che diventi una ricostruzione? Come possiamo ripristinare un contesto storico senza trasformarlo in un’illustrazione? Il progetto trae origine dai fondali felliniani, dalle centrali nucleari italiane dismesse e dall’architettura razionalista. Sono tutte diverse incarnazioni della modernità, diversi testimoni dei suoi cambiamenti e delle sue mutazioni. Il progetto mira a rivelare la storicità e il valore documentario di queste costruzioni. Sulla base di questo corpus, Théodora Barat creerà una serie di sculture, allestite e messe in scena nella periferia di Roma. In questo modo, i confini tra riprese, cantiere e ricostruzione si confonderanno. Questo passato rianimato, queste narrazioni riattivate, faranno scontrare diverse temporalità. Ma questa volta i resti saranno fittizi.

Samir Boumediene, ricercatore e narratore

Nato a Mosella nel 1985, Samir Boumediene è uno storico della conoscenza e delle arti.

Ricercatore presso il CNRS e titolare di un dottorato in storia moderna, nel 2016 ha pubblicato la sua tesi dal titolo La colonizzazione della conoscenza. Una storia delle piante medicinali nel Nuovo Mondo.

Il progetto di ricerca che sta svolgendo a Villa Medici è dedicato all’espressione “Il tempo rivela la verità” o “Veritas Filias Temporis”, particolarmente utilizzata nell’arte italiana del XVI, XVII e XVIII secolo. Analizzando i dipinti, le incisioni, i disegni, le sculture e gli arazzi che evocano questa idea, ci proponiamo di comprendere l’importanza che il tema della scoperta ha acquisito nella storia culturale, sociale e politica delle arti. In Italia, questo tema è associato a varie riflessioni sulla novità dei tempi, sull’invenzione, sui conflitti tra artisti e sulla pratica del segreto politico. Attraverso questo motto, è quindi possibile documentare il contributo italiano alle tensioni che hanno abitato l’Europa, tra il nuovo e il vecchio, la segretezza e la menzogna, le visioni del progresso e le paure della fine.

Allo stesso tempo, Samir Boumediene sta lavorando a progetti di interfaccia tra le arti culinarie e le arti visive. In seguito alla sua ricerca sulle pratiche di fermentazione e sull’uso delle spezie, ha approfittato della sua residenza a Roma per scrivere un documentario sul soffritto.

Conosciuto anche come sofregit in catalano o sofrito in castigliano, il soffritto è la base di molti piatti e salse della cucina mediterranea. Con le sue infinite varianti, è una combinazione di una sostanza grassa e di un rappresentante del genere alium (in particolare cipolla, aglio e scalogno). Sebbene non abbia un equivalente nel vocabolario della cucina francese, in realtà svolge un ruolo altrettanto fondamentale. Lo stesso vale per molte altre cucine dell’Asia, dell’Africa e dell’America dove, nonostante gli occhi pungenti e il rischio di ferirsi, la preparazione dei piatti inizia con il taglio del pungente bulbo.

Ripercorrendo la storia del soffritto e le sue ricomposizioni nell’era della cucina fusion, l’obiettivo è quello di evidenziare l’attenzione all’ospite che caratterizza il gesto culinario e che conferisce a tanti piatti (risotto, caponata, ratatouille, salsa catalana, salsa mirepoix, ecc.) l’essenza del loro sapore.

Nidhal Chamekh, artista visivo

Nato nel 1985 a Dahmani (Tunisia), Nidhal Chamekh è un artista visivo.

Nidhal Chamekh si è laureata all’Istituto Superiore di Belle Arti di Tunisi e all’Università Sorbona di Parigi. Continua a lavorare e a vivere tra le due città. Il suo lavoro si trova all’incrocio tra il biografico e il politico, il vissuto e lo storico, l’evento e l’archivio. Frammenta, disfa e disseziona la costituzione della nostra identità contemporanea.

Il suo lavoro è stato esposto alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Aïchi, alla Biennale di Architettura di Orléans, ai Rencontres de Bamako, alla Biennale di Videobrasil, alla Biennale di Dakar, alla Biennale Dream City di Tunisi, ed è stato esposto all’Institut du Monde Arabe di Parigi, al Drawing Room di Londra, al Centro d’Arte Contemporanea FM di Milano, al MAC di Lione, alla Kunsthaus di Amburgo, al CCA di Lagos e all’Hood Museum, tra gli altri.

Il progetto che sta conducendo a Villa Médicis si intitola “Et si Carthage n’avait pas été détruite? L’obiettivo è quello di prendere alla lettera la domanda di Édouard Glissant e di svelarne il potenziale storico, artistico e simbolico. L’opera prenderà forma attraverso la sopravvivenza e la risonanza storica delle attuali relazioni tra Roma e il Nord Africa e le “crisi” migratorie e le tensioni geopolitiche che esse comportano.

Il suo progetto artistico cerca di introdurre il patrimonio archeologico romano e la produzione culturale emarginata degli esuli della città in un processo di montaggio in cui il presente e il passato sono definiti congiuntamente.

Aude Fourel, regista

Nata nel 1978 a Saint-Etienne (Francia), Aude Fourel è una regista.

Aude Fourel lavora principalmente con pellicole super-8, che confronta con la tecnologia digitale per esplorare la fragilità e l’instabilità dell’immagine. Dirige, monta e produce i suoi film al confine tra il documentario creativo e il film d’artista. I temi principali del suo lavoro sono l’attraversamento, il camminare e il filmare, le narrazioni politiche anonime e gli impegni. La sua filmografia è composta da video di performance e da cortometraggi e mediometraggi. Aude Fourel insegna pratiche cinematografiche e cinema documentario all’Università di Grenoble-Alpes (Francia).

Il suo progetto a Villa Médicis, Récits d’Elissa, racconta la storia della resistenza quotidiana in Palestina attraverso diversi personaggi e una marionetta, ognuno custode di una storia rinchiusa in un pezzo di archivio. Frammenti di pellicola 16mm conservati a Roma, film di famiglia abbandonati, registrazioni anonime, chilometri di traversate, queste storie hanno un forte odore di sale – sale marino o argento – e di aranci. Così Aude Fourel parte per Roma, per lavorare negli archivi della regista Monica Maurer, per cercare le bobine di film che sono state messe da parte e per camminare accanto a questi personaggi, al presente.

Marta Gentilucci, compositrice

Nata nel 1973 a Gualdo Tadino (Italia), Marta Gentilucci è una compositrice.

Marta Gentilucci ha studiato canto in Italia e composizione in Germania con Marco Stroppa. Ha conseguito un dottorato in composizione presso l’Università di Harvard negli Stati Uniti con Chaya Czernowin e Hans Tutschku.

È stata in residenza presso l’Ircam, l’SWR Experimentalstudio e lo studio di elettronica dell’Akademie der Künste di Berlino. La sua musica è stata eseguita a livello internazionale e la sua musica elettronica è stata selezionata dal Seoul International Computer Music Festival, dal New York City Electroacoustic Music Festival e da diverse edizioni dell’International Computer Music Festival (ICMC). Marta ha ricevuto il “Best Paper Award” dell’ICMC nel 2018 e il “Best Piece – Regional, Europe” nel 2019. Nel 2018-2019 è stata residente presso l’Harvard Radcliffe Institute (USA).

Tra le sue attività più recenti, l’Ircam e i Neue Vocalsolisten gli hanno commissionato due nuovi pezzi per voce ed elettronica, entrambi presentati in anteprima al Festival MANIFESTE (Parigi, 2020) e poi presentati al Festival ECLAT (Stoccarda, 2021).

Il progetto di Marta Gentilucci a Villa Medici l’ha portata a creare un’installazione audiovisiva con la fotografa americana Susan Meiselas. Questo progetto di collaborazione nasce dal desiderio di creare un’immagine del corpo di una donna che invecchia, visto attraverso i nostri occhi e le nostre orecchie, sotto forma di “mappe del corpo” – tracciando una mappa della pelle, delle rughe e delle espressioni che parlano di una vita vissuta, ancora piena di energia e possibilità.

Noémie Goddard, designer d'interni

Nata nel 1985 a Chambéry (Francia), Noémie Goddard è una designer d’interni.

Formatasi nelle Arti Applicate all’École Boulle e poi all’École Normale Supérieure de Cachan, la sua pratica architettonica globale e transdisciplinare stabilisce un dialogo tra architettura, architettura d’interni e design di mobili.

Dal 2009 è partner – direttore creativo e della comunicazione – di uno studio di architettura con sede a Parigi e applica le sue idee a una vasta gamma di applicazioni, dalle strutture pubbliche alla microarchitettura e alla ristrutturazione. Nel 2015 ha co-fondato un laboratorio dedicato all’architettura d’interni, all’interno del quale ha sviluppato una metodologia di progettazione unica e unificante, lavorando per conciliare le scale e le discipline, promuovendo le arti e avviando collaborazioni artistiche all’interno del progetto architettonico.

Il progetto che sta conducendo a Villa Medici mira a dare uno sguardo più ampio alla questione dell’interno e dell’interiorità, portando a un superamento dell’abitazione e all’emergere di nuovi modi di vivere. Il progetto si svolge a Roma, un esempio paradossale della capacità di reinvenzione del paesaggio costruito e dei disastri associati all’eccessiva urbanizzazione, per esaminare la riprogettazione degli spazi interni come una via da seguire di fronte all’eccessivo sfruttamento delle risorse che le nuove costruzioni comportano. Sotto forma di indagine, che riunisce in un libro cronache e ricerche applicate, il progetto offre una rilettura storica e critica dell’interior design. L’interno adattabile e in continua evoluzione potrebbe essere il garante della nostra capacità di abitare il mondo di domani? Se gli interni e gli individui interagiscono in modo reciproco, quali nuovi legami possiamo immaginare tra gli involucri costruiti, i paesaggi interni e coloro che li abitano?

Evangelia Kranioti, artista visiva e film-maker


Evangelia Kranioti è un’artista e regista greca residente in Francia. Ha studiato legge (Università Nazionale di Atene), arti visive (École nationale supérieure des arts décoratifs de Paris) e cinema (Le Fresnoy – Studio national des arts contemporains, Atelier Scénario – La Fémis).

Vincitrice di numerose borse di studio e premi, il lavoro artistico di Evangelia Kranioti comprende fotografia, film e installazioni video. Il suo primo lungometraggio documentario Exotica, Erotica, Etc. (2015 Berlinale Forum) è stato selezionato per diversi festival internazionali (tra cui IDFA, BFI London FF, Göteborg IFF, Thessaloniki IDF, Karlovy Vary IFF, Sarajevo IFF) dove ha ricevuto numerosi riconoscimenti, oltre a due premi Iris dall’Hellenic Film Academy. Anche il suo secondo film Obscuro Barroco (2018 Berlinale Panorama, TEDDY Jury Prize) ha ottenuto numerosi premi, tra cui due Iris della Hellenic Film Academy, oltre a diverse nomination (American Society of Cinematography Documentary award, Cinema Eye Honors, Glashütte Original Documentary Award, Sheffield Doc/Fest Art Award, tra gli altri). Nel 2019, la sua mostra Les vivants, les morts et ceux qui sont en mer, presentata ai 50° Rencontres de la Photographie di Arles, è stata acclamata dalla stampa internazionale e premiata con il Prix Madame Figaro.

Il suo progetto fotografico e cinematografico a Villa Medici, intitolato Les messagers, esplora il tema della migrazione nel Mediterraneo attraverso la figura di Hermes e il prisma del mito.

Marielle Macé, scrittrice

Nata nel 1973 a Paimboeuf (Francia), Marielle Macé è una ricercatrice e scrittrice.

Direttrice di ricerca presso il CNRS e direttrice di studi presso l’EHESS (Parigi), Marielle Macé è anche visiting professor a Chicago, New York (NYU) e Berkeley ed è stata autrice associata presso il Théâtre des Amandiers.

I suoi libri (saggi, poesie) utilizzano la letteratura come alleato per riflettere e discutere sulle forme di vita – vita sociale, vita comunitaria, vite precarie, paesaggi vulnerabili. Le sue pubblicazioni includono Stili. Una critica al nostro stile di vita (Gallimard, 2016), “Nous” (dir., Critique, 2017), Sidérer, considérer. Migranti in Francia (Verdier, 2017), “Vivre dans un monde abîmé” (ed., Critique, 2019), Nos cabanes (Verdier, 2019), Parole et pollution (AOC, 2021).

Il progetto di ricerca e scrittura che sta portando avanti a Villa Medici, intitolato La Vie poreuse (La vita porosa), mira a tastare il polso al fiume che circonda Roma e alle vite che vi si affacciano: osservare cosa succede quando si difendono le zone umide, si riaprono i fiumi urbani, si cerca di rimuovere l’acqua dai terreni o di sbloccare le memorie, e attingere ai fenomeni di infiltrazione, connessione e percolazione nel nostro pensiero e nella nostra scrittura – perché la vita porosa richiede parole, che a loro volta la irrigano e si riversano nel paesaggio per sempre.

Benoît Maire, artista visivo

Nato nel 1978 a Pessac (Francia), Benoît Maire è un artista visivo.

Dopo aver studiato filosofia, Benoît Maire ha conseguito il Diplôme National Supérieur d’Expression Plastique presso la Villa Arson di Nizza, prima di intraprendere una residenza di ricerca presso il Pavillon du Palais de Tokyo. Utilizzando la filosofia, i testi storici e i riferimenti artistici come punto di partenza, Benoît Maire ha sviluppato una pratica polimorfa che si concretizza anche in conferenze, pubblicazioni e mostre curate. Collabora regolarmente con artisti come Étienne Chambaud, Alex Cecchetti e Falke Pisano.

Il suo progetto di ricerca a Villa Medici si intitola “La mano nella pittura e nella carta stampata”. Il suo progetto prevede la produzione di un corpus di opere in diversi media (fotografie, dipinti, testi, sculture) che costituiranno un’indagine sulla transizione dalla mano iconica del primitivismo italiano alla mano carnosa del Rinascimento. L’ipotesi che viene esplorata è che l’avvento della stampa alla fine del XV secolo abbia contribuito a riformulare i dipinti di mani, che hanno perso il loro potere di designazione concettuale (deittico) e hanno acquisito un peso affettivo più realistico. Il lavoro di Benoît Maire è radicato in questa tensione, in cui la mano si trova tra due regimi sensibili.

Hèctor Parra, compositore

Nato a Barcellona (Spagna) nel 1976, Hèctor Parra è un compositore.

Hèctor Parra ha studiato al Conservatorio di Barcellona, dove ha vinto diversi premi con lode in composizione e pianoforte. Nel 2002-2003 ha frequentato il corso di Composizione e Computer Music all’Ircam, per poi formarsi a Royaumont, al Centre Acanthes, a Takefu in Giappone e alla Haute École de Musique de Genève con B. Ferneyhough, J. Harvey, M. Jarrell, P. Leroux e P. Manoury.

Ha ricevuto numerose commissioni da istituzioni come il Museo del Louvre, l’Accademia delle Arti di Berlino, il Théâtre des Bouffes du Nord e la Gürzenich Orchester Köln. La sua musica è regolarmente inclusa nei programmi di sale da concerto come la Philharmonie de Paris, la Konzerthaus di Vienna, la Philharmonie di Colonia, l’Auditori de Barcelona e il Palau de la Música Catalana (compositore in residenza nel 2015-2017), il Nouveau Siècle di Lille (compositore in residenza nel 2017-2018), il Gasteig di Monaco e il Guggenheim Museum di New York. Hèctor Parra si dedica alla composizione lirica e le sue opere sono pubblicate da Durand. Dal 2002 vive a Parigi, dove ha insegnato composizione nel curriculum dell’Ircam dal 2013 al 2017.

Il suo progetto a Villa Medici è dedicato alla composizione dell’opera da camera Orgia, ispirata all’omonimo testo teatrale di Pier Paolo Pasolini che denuncia il suo dramma personale. Il protagonista maschile diOrgia compie l’atto più potente che si possa immaginare: un suicidio accusatorio che mette a nudo una società piena di incomprensione, ipocrisia, crudeltà e disprezzo per qualsiasi tipo di minoranza. L’opera sarà scritta per tre voci soliste, un ensemble strumentale moderno e uno strumento barocco (arciliuto). La residenza a Villa Medici offrirà l’opportunità di svolgere una ricerca sul campo su Pasolini e sulla città di Roma, dove scelse di vivere, dove divenne regista e dove poté coltivare il suo sviluppo intellettuale dedicato alla critica sociale.

Julie Pellegrin, curatrice e critica d'arte

Julie Pellegrin è una curatrice e critica interessata al concetto più ampio di performatività. Esplora il modo in cui il rapporto tra arti visive, coreografia e teatralità influisce sul modo in cui oggi si scrivono le mostre. Attraverso mostre, progetti di ricerca e pubblicazioni (Take Care, The Yvonne Rainer Project, Alfred Jarry Archipelago, Chorégraphier l’exposition, Kapwani Kiwanga, Chantal Akerman, Myriam Lefkowitz, Alex Cecchetti, Marie Preston…), o programmi più ampi (il festival Performance Day, Nuit Blanche 2013, Les Formes du délai), accompagna pratiche spesso effimere che sollevano questioni sociali, politiche ed etiche su temi di relazione e attenzione.

Il progetto di ricerca di Julie Pellegrin a Villa Medici fa parte di un libro che sta dedicando alla performance nell’arte contemporanea. In esso esamina le attuali politiche della performance attraverso il prisma dei riferimenti alla danza postmoderna, ai recenti sviluppi degli studi sulla performance e, più specificamente, alle teorie e alle pratiche anarchiche. Per esplorare l’ipotesi di una relazione tra anarchia e performance, l’autrice prende spunto da un momento storico – il progetto Galleria L’Attico immaginato tra il 1968 e il 1976 da Fabio Sargentini con Simone Forti e i performer di Judson Dance e Grand Union – nel tentativo di tracciare una linea di collegamento tra questa esperienza rivoluzionaria e l’attuale scena performativa italiana. Esplorando archivi, conducendo interviste e organizzando incontri pubblici, Julie Pellegrin realizzerà un progetto di ricerca speculativa e collettiva a Villa Medici.

Mathieu Peyroulet Ghilini, designer

Nato nel 1983 a Sallanches (Francia), Mathieu Peyroulet Ghilini è un designer.

Mathieu Peyroulet Ghilini si è laureato con lode all’ENSCI-Les Ateliers con il progetto Sophistication (2012). Basato principalmente sulla storia del design e dell’architettura, questo lavoro di ricerca si è concentrato sulle varie interpretazioni della raffinatezza di una forma e ha vinto il Grand Prix du Jury al Festival di Villa Noailles nel 2013. Successivamente, Peyroulet Ghilini è stato designer-in-residence presso Sèvres – Manufacture et Musées Nationaux e presso il Centre International de Recherche pour le Verre et les Arts Plastiques (CIRVA) di Marsiglia. Vincitore del Villa Kujoyama a Kyoto nel 2017 con Laureline Galliot, è stato anche nominato “Talento emergente” al Salon Maison et Objet nel 2020.

Il suo progetto a Villa Médicis si intitola “Virtualisation, Fragment, Objet en attente”: mette in discussione l’esistenza delle forme e la loro manifestazione tangibile, nonché la relazione tra di esse attraverso il prisma della tecnologia.

Guy Regis Jr. scrittore e regista

Nato nel 1974 a Port-au-Prince (Haiti), Guy Régis Jr. è uno scrittore e regista.

Molte delle sue opere teatrali, romanzi e poesie sono state tradotte in diverse lingue. Recentemente ha pubblicato Les Cinq Fois où j’ai vu mon père (2020) (Gallimard) e la pièce Goebbels, juif et footballeur (2020) (Les Solitaires Intempestifs) – dove sono pubblicate le sue opere teatrali. Traduttore in creolo, Guy Régis Jr. ha anche realizzato dei cortometraggi sperimentali. Nel 2001 ha fondato la compagnia NOUS Théâtre, che ha continuato a sconvolgere i codici del teatro contemporaneo, in particolare con la creazione di Service Violence Série (2005), un vero e proprio atto politico e drammaturgico che è alla base del suo lavoro. Le sue creazioni polimorfe sono state presentate in Francia (Festival Les Francophonies de Limoges, IN du Festival d’Avignon, diverse Scènes Nationales), ad Haiti e all’estero (Stati Uniti, Colombia, Cile, Brasile, Belgio, Italia, Madagascar, ecc.) Oltre al suo lavoro creativo, è attivamente coinvolto nello sviluppo delle arti dello spettacolo ad Haiti. Guy Régis Jr è attualmente direttore artistico del Festival 4 Chemins.

Il progetto di scrittura che sta conducendo a Villa Médicis mette in discussione la visualizzazione di immagini di odio nella nostra società contemporanea. Un tentativo di esaurire tutti i nostri conflitti umani attraverso la creazione e la discussione. Perché mai prima d’ora un’epoca ci ha mostrato così tanto le forme più nascoste di violenza familiare, così come le guerre aperte tra i giganti di questo mondo. Continuiamo a vedere immagini della minaccia nucleare, degli attacchi terroristici, dei rapimenti, dei femminicidi, degli stupri, della violenza della polizia e così via, come se fosse la nostra epoca a volerli rendere più intimi. Guy Régis Jr ha voluto creare un’opera che potesse riunire le nostre offese quotidiane in un insieme e farle discutere in un’agorà, un forum, per un’intera giornata. “Qual è l’ultimo grande conflitto per soddisfare l’odio tra gli esseri umani?” è l’opera transdisciplinare che vuole dedicare alla composizione, come una sorta di drammaturgia plurale, in cui il pubblico è invitato a continuare il dibattito iniziato da Einstein e Freud su questa “inevitabile” necessità di scontri e guerre tra gli esseri umani. Penser/Panser les blessures par la solidarité.

Saverio Verini © Daniele Molajoli

Saverio Verini

Saverio Verini è il curatore della Nuit Blanche 2021 e della mostra Boarders 2022.

Curatore di mostre ed eventi di arte contemporanea, Saverio Verini ha collaborato con diverse istituzioni tra cui la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, il MACRO, l’American Academy in Rome e la Fondazione Civitella Ranieri. Attualmente coordina le mostre presso la Fondazione Memmo di Roma. Collaboratore della rivista Artribune, è anche autore di diversi testi critici.

Divisori per mostre

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Mostra Énticelles

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Mostra Énticelles

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