mostra

I Peccati

Johan Creten

15.10.2020 - 23.05.2021

  • A cura di
  • Noëlle Tissier

L’Académie de France à Rome – Villa Médicis ha ospitato la mostra “I Peccati”, di Johan Creten, dal 15 ottobre 2020 al 23 maggio 2021, a cura di Noëlle Tissier. La mostra è stata organizzata dall’Académie de France à Rome – Villa Médicis con il supporto delle gallerie Almine Rech e Perrotin.


La mostra “I Peccati” riunisce per la prima volta in Italia un gruppo di cinquantacinque opere di Johan Cohen in bronzo, ceramica e resina. Saranno accostate a opere storiche di Lucas Van Leyden (1494-1533), Hans Baldung (1484-1545), Jacques Callot (1592-1635), Barthel Beham (1502-1540) e Paul van Vianen (1570-1614), pietre miliari del pensiero di Johan Creten.

La prima sala si apre con una serie di creazioni e ri-creazioni di opere concettuali del 1986. Accanto a “The Garden” (realizzato nel 1996-97 durante la residenza dell’artista a Villa Medici) e a opere più significative come “Présentoir d’Orange” (1989-2017) e “Plantstok” (1989-2012), questa sala mette in discussione il nostro rapporto con l’introspezione e l’autoconsapevolezza, evocando la nozione di paradiso perduto e di tentazione.

Nella seconda sala, una nuova opera monumentale in resina, “Muse e Meduse”, iniziata nel 2005 e completata nel 2019, dialoga con pezzi della famosa serie metonimica “Odore di Femmina” (iniziata nel 1998) sulla seduzione e l’ambiguità dei sentimenti e delle relazioni umane.

Una terza sezione riunisce opere altamente politiche, tra cui il bronzo “The Price of Freedom” (2015), “Couch Potatoes” (1997) e una nuova serie di ceramiche “Wargames” (2019).

Salendo le scale, un gruppo di bronzi enigmatici si affaccia e solleva la questione della coscienza morale in una società in continuo cambiamento e in profonda trasformazione. La scultura monumentale “L’aringa” sovrasta di 5 metri l’ultima sezione.

Una scultura originale, realizzata in collaborazione con gli storici laboratori della Porzellanmanufaktur Augarten di Vienna, rivisita una porcellana di Doccia e sarà svelata al pubblico per la prima volta.

Sparsi per tutto lo spazio, una nuova serie di “Bolders” in gres smaltato invita il pubblico a sedersi, a prendersi il proprio tempo, a osservare le opere per scoprire le loro connessioni nascoste e a immergersi in dettagli mozzafiato. Superfici di vetro scintillanti, patine strutturate, metafore e significati nascosti presi in prestito dalle “strette di mano segrete” urbane.

Johan Creten parla di “Slow art” e della necessità di tornare all’introspezione. Un movimento che spazia dalle miniature alle figure monumentali, permettendoci di prenderci il nostro tempo e di immergerci in un’esplorazione del mondo, con i suoi tormenti individuali e sociali, per un viaggio ricco di sorprese ed emozioni.

Le sculture di Johan Creten, create appositamente per la mostra tra il 2019 e il 2020, insieme a pezzi che hanno costellato la sua carriera dagli anni ’80 a oggi, sono qui abbinate a stampe, arazzi e bassorilievi del XVI e XVII secolo provenienti dalla collezione personale dell’artista. Queste opere storiche sono utilizzate dall’artista come riferimenti nel suo processo creativo. Rivelano le sue preoccupazioni, siano esse artistiche, storiche, politiche o filosofiche. L’intreccio di queste opere nella mostra sconvolge la nostra percezione attraverso molteplici punti di vista che, partendo dal passato, mettono in discussione il futuro della nostra umanità.

“Con Johan Creten non esistono sette peccati. Sette, quel numero implacabile, uguale al numero di sacramenti nella Bibbia e al numero di colli a Roma. Qui i peccati sono infiniti e illimitati, inesauribili. Non possono essere contati, ma solo nominati. Non tutti i peccati sono capitali; possono essere imperiali, imperiosi, periferici, insidiosi, insignificanti, invisibili. Sono sempre al di là dei calcoli e del linguaggio.
I sette peccati capitali impallidiscono di fronte alla stupidità, alla barbarie, alla noia, alla mutilazione, al rimpianto, alla malinconia e alla paura – in breve, alla vita. Le sculture di Johan Creten non hanno nulla a che fare con la morale o la punizione, con l’ascia o la censura. Parlano del peccato, della vita infusa di desiderio e dolore, speranza e pena, lussuria e rabbia, amore e morte, Eros e Thanatos. Parlano di vita anfibia, tra Stige e Paradiso. Parlano di vita impulsiva, quando i cuori battono, quando i serpenti si arrotolano, quando le ali si aprono, quando il sipario si apre per rivelare la nuda verità, questa Medusa ipnotica. Il peccato non è forse la forma stanca della purezza? Non indica forse la nostra condizione di esseri umani sovranamente fallibili? Il peccato non è forse, secondo le parole di Victor Hugo, una meravigliosa “gravitazione”?
Colin Lemoine

“Con Johan Creten non esistono sette peccati. Sette, quel numero implacabile che equivale al numero di sacramenti nella Bibbia e al numero di colli a Roma. Qui i peccati sono infiniti e illimitati, inesauribili. Non possono essere contati, ma solo nominati. Non tutti i peccati sono capitali; possono essere imperiali, imperiosi, periferici, insidiosi, insignificanti, invisibili. Sono sempre al di là del calcolo e del linguaggio.

Gay Gassmann, T Magazine – The New York Times

Visita alla mostra "I Peccati" - Johan Creten

Podcast per un pubblico giovane

La mostra in immagini

Creten Deep-Stains

Creten Deep-Stains

Creten Segno dei tempi
JohanCreten_IPeccati_VillaMedici_2_©-Creten-Studio-_-Gerrit-Schreurs.jpg
JohanCreten_IPeccati_VillaMedici_4_© Creten Studio & Gerrit Schreurs

Johan Creten

Nato in Belgio nel 1963, Johan Creten è uno scultore fiammingo con sede a Parigi ed ex residente dell’Académie de France a Roma – Villa Médicis (1996). Lavora in tutto il mondo, dall’Aia a New York, da Miami a Città del Messico. Ha esposto nelle sale rinascimentali del Louvre in dialogo con Bernard Palissy e al Museo Eugène Delacroix di Parigi, al Bass Museum of Art di Miami, alla Biennale di Istanbul, al MAMCO di Ginevra e al Middelheim Museum di Anversa. 2018 Le opere di Johan Creten sono rappresentate dalla Galerie Perrotin di Parigi, New York, Hong Kong, Seoul, Tokyo e Shanghai; dalla Galerie Almine Rech di Bruxelles e dalla Galerie Transit di Mechelen.

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