Paracinema Laurent Grasso

Laurent Grasso è un’artista che produce “poche” opere. Ciò è probabilmente dovuto alla loro complessità. La sua ricerca sul video consiste nell’estrapolare dalla realtà fenomeni potenzialmente cinematografici, mettendo in scena – o, per meglio dire, virtualizzando – ciò che viene captato dall’occhio meccanico della macchina da presa. La sua opera appartiene ai margini, al limite della realtà, imponendo alla macchina da presa un punto di vista inatteso rispetto alla scena filmata. Il protagonista dei film di Laurent Grasso, che non è mai direttamente presente, è la macchina da presa stessa, intesa come oggetto autonomo, non soggetto ai riflessi della percezione umana. “Esamina la realtà come fosse un territorio estraneo” dice l’artista. I suoi video si presentano sotto forma di installazioni, di dispositivi, in cui il suono esercita una funzione essenziale, facendosi ad un tempo materia e veicolo di “irrealtà”. Il video Paracinema, è stato girato nel famoso centro industriale cinematografico italiano fondato da Mussolini nel 1936: Cinecittà. La “città del cinema”, risposta autarchica alla celebre industria cinematografica americana, tanto da meritare il soprannome di “Hollywood sul Tevere”, svolgeva il ruolo di terreno di competizione con i rivali d’oltreoceano sul terreno culturale da loro prediletto. Destinata originariamente alle riprese di film di propaganda fascista, negli anni ’50 Cinecittà conoscerà il suo periodo aureo soprattutto grazie (ironia della storia!) al cinema americano. Negli ultimi anni, Cinecittà ha ritrovato una grande vitalità. L’interesse di Laurent Grasso per questo luogo si è focalizzato attorno all’idea di realizzare un film che si nutrisse di altri film. Per un’intera giornata, Grasso ha girato tra le spoglie di precedenti scenografie, infestando strade e saloon di western e altri scorci di città di cartapesta di fiction minimaliste, offrendo loro una seconda vita. L’impressione è quella di una vita nella fiction, come se ogni scena avesse una sua esistenza autonoma, sfuggita alla storia delle varie precedenti riprese. Il rumore del vento contribuisce a restituire una sensazione di estraneamento. La telecamera procede molto lentamente, tendendo a svanire, per meglio mettere in rilievo il quesito fondamentale dell’artista: quel che vediamo e percepiamo è veramente la realtà?