Gilles Aillaud – Evasioni

L’Accademia di Francia a Roma , diretta da Richard Peduzzi , inaugura una importante mostra dedicata all’opera di Gilles Aillaud , che si terrà nelle gallerie di Villa Medici, dall’ 8 febbraio al 10 aprile 2007 . Consulente scientifico: Philippe Dagen, storico dell’arte e giornalista per il quotidiano francese Le Monde. La mostra, che offre un’ampia selezione delle opere di questo artista, provenienti da diverse prestigiose collezioni, private e pubbliche, intende identificare nei contrapposti concetti di “chiusura” e “apertura” lo snodo fondamentale della poetica di Gilles Aillaud. L’ARTISTA E L’OPERA Gilles Aillaud è stato pittore e scenografo. Il suo nome viene notoriamente associato a quelli di Klaus Michael Grueber in Germania e di Jean Jourdheuil in Francia. Durante gli anni del liceo e fino al 1945, dipingerà un quadro il giorno. Tra il 1946 e il 1947 si dedica allo studio della filosofia, ma nel 1949 torna a dipingere. Negli anni 50, dipinge uccelli e paesaggi marini, unendo alla pittura la tecnica del collage e nel 1952 espone per la prima volta. Nel corso degli anni 70, inizia a raffigurare animali chiusi in gabbia o da recinti, dietro reti, sbarre o vetrate. Dal 1978, ricomincia a dipingere paesaggi marini. Partecipa al Salon de la Jeune Peinture, di cui sarà presidente a partire dal 1965, realizzando opere collettive assieme a Eduardo Arroyo e ad Antonio REcalcati, tra cui si ricordano “Une passion dans le désert” (Una passione nel deserto), “Vire et laisser mou rir ou la fin tragique de Marcel Duchamp” (Vivi e lascia morire o la tragica fine di Marcel Duchamp). Dopo la mostra Mitologie Quotidiane al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, il suo lavoro viene associato al movimento della Nouvelle Figuration. Nato nel 1928, muore a Parigi il 24 marzo del 2005. Artista indipendente prima d’ogni altra cosa, le cui tele militavano contro la prigionia e l’assurdo, Gilles Aillaud divenne, dopo numerosi e lunghi viaggi, paesaggista votato agli spazi aperti verso l’infinito. La sua tavolozza, volutamente fredda, e il lavoro costante e sostenuto sulla prospettiva e l’inquadratura, tengono lo spettatore emotivamente a distanza dal soggetto, pur integrandolo fisicamente nello spazio che circonda l’oggetto. “Si può dire che Aillaud sia l’unico artista ad essersi mai interessato al soggetto zoologico, sono quindi conseguentemente rare o nulle le possibilità di confronto e analogia. Non un solo testo “fondatore” cui far riferimento. Neanche una utorità critica cui potrebbe essere confortante appigliarsi. All’interno di ciascuna rappresentazione, opera con inflessibile ostinazione una dinamica autodistruttiva – o autoderisoria che dir si voglia. Quegli animali riconducono ad una idea della natura originaria, vergine,  selvaggia. Di contro, gli spazi in cui li troviamo impongono la presenza d’un dispositivo umano che, nell’offrire alle bestie un relativo benessere, ne sottolinea lo stato effettivo di isolamento ed esilio entro spazi circoscritti, solo vagamente e imperfettamente somiglianti a quelli in cui dovrebbero vivere. In tale metafora pittorica dell’animale, già selvaggio, ora in gabbia, può senz’altro riconoscersi l’artista, furente, nello spazio chiuso che gli è stato destinato. Finta ferocia, finta collera. Si finisce allora per dedurne: in un mondo realmente rivoltato, il vero è solo un momento della finzione.” Philippe Dagen , consulente scientifico – tratto dalla prefazione al catalogo della mostra. “Degli animali ospitati nel Nocturama, mi restano scolpiti nella memoria gli occhi sorprendentemente grandi di alcuni, e il loro sguardo fisso e penetrante, proprio a quei pittori e a quei filosofi che cercano di penetrare l’oscurità circostante con la purezza dello sguardo e del pensiero.” W. G. Sebald: Austerlitz. Romanzo, München: Carl Hanser Verlag 2001