Studiolo è la rivista annuale di storia e teoria dell’arte dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici. Offre un forum per le ricerche più attuali della storia dell’arte, sia per quanto riguarda i suoi oggetti che i suoi metodi. È particolarmente interessato alla produzione di immagini e agli scambi artistici tra Italia, Francia ed Europa, dal Rinascimento ai giorni nostri. Ogni numero comprende un Dossier Tematico, oltre a tre sezioni: Varia, aperta a proposte fuori tema; Dibattiti, dedicata alla storiografia e alle recensioni di libri di approfondimento; e Villa Medici, Storia e Patrimonio, che si occupa della storia dell’Accademia di Francia a Roma e delle attività e dei progetti di restauro seguiti dal dipartimento di storia dell’arte. Infine, in Champ libre, Studiolo apre le sue pagine alle proposte dei borsisti dell’anno in corso.
La sfida posta alla storia dell’arte dall’indeterminazione è grande, qualunque sia l’approccio alle immagini, perché il compito del lavoro critico e storico è quello di osservare, descrivere, comprendere, classificare, spiegare a priori… Questo è il segno distintivo di una disciplina basata sul discorso che cerca di rendere conto dell’eloquenza delle opere d’arte che studia. Eppure, sono molti i fenomeni che sfuggono ai registri della discorsività tradizionale e che mettono alla prova l’atto stesso di nominare e, con esso, le categorie che hanno strutturato la disciplina della storia dell’arte (Georges Didi-Huberman).
Scegliendo di (ri)pensare il problema dell’indeterminazione nel numero 18 di Studiolo, abbiamo voluto accompagnare e ampliare una riflessione che è stata al centro della preparazione della mostra Gribouillage / Scarabocchio. De Léonard de Vinci à Cy Twombly, organizzata nel 2022 a Villa Medici e nel 2023 alle Beaux-Arts de Paris. L’indeterminazione è all’opera in vari modi nel disordine grafico dello scarabocchio. Tale pratica, che popola i margini delle opere rinascimentali, appare inclassificabile, addirittura incomprensibile, rispetto ai criteri di giudizio e alle convenzioni artistiche dell’epoca.
Solo nel XX secolo, quando finalmente uscì dall’ombra, iniziò a riecheggiare le ambizioni e il desiderio di indeterminazione (della visione, della forma, del contenuto, delle categorie, ecc.) delle avanguardie artistiche: “Non figurare nulla, figurare almeno ciò che non ha nome, l’indeterminato”, scriveva Jean Dubuffet. Come comprendere un fenomeno quando non ci sono parole per designarlo, senza disconoscerlo, mantenendo la parte di confusione e perplessità che impone? La questione della parola è centrale nel problema dell’indeterminazione. Come nota Dario Gamboni, l’indeterminazione è spesso definita negativamente “come lo stato d’animo di una persona che non è in grado di prendere una decisione, di determinarsi” e come “il carattere di una cosa che non è definita, stabilita, delimitata con precisione”.
Eppure molti fenomeni ed espressioni visive sono di questo ordine: Leonardo da Vinci non riusciva a trovare le parole per descrivere le qualità inafferrabili e indicibili della natura che cercava di dipingere (Elena Paroli); la critica d’arte è stata spesso sconcertata dall’incapacità descrittiva della maggior parte dei linguaggi di esprimere gli aspetti più sensibili dell’arte e di ridurre l’esperienza soggettiva a dati oggettivi (Guillaume Cassegrain). La creazione è un incontro con l’indeterminato: con le infinite e illimitate possibilità contenute nella materia stessa (Baptiste Tochon-Danguy). La mancanza di determinazione si trasforma allora in un potenziale, in una forza che gli artisti possono cogliere, ad esempio, nel non finito come qualità estetica, o per forgiare nuove poetiche visive, che stimolano ulteriormente la percezione con la loro ambiguità in contrasto con la chiarezza e la leggibilità retorica delle opere accademiche (Olivier Schuwer). Ma fino a che punto un tale uso dell’indeterminazione è compatibile con la nozione stessa, con il “difetto” della determinazione? Un excursus filosofico e concettuale, nella sezione Debate, mette l’indeterminazione alla prova dell’analisi logica per sottolineare la presunta relatività di questa nozione, sia dal punto di vista della prassi artistica che della sua ricezione (Michele Di Monte).
Stranamente, è spesso il desiderio di non cedere all’indeterminazione a stimolare le “letture” più avanzate delle opere antiche da parte degli storici dell’arte. È il caso di una nuova analisi dell’affresco del Martirio di San Lorenzo dipinto dal Bronzino nella chiesa di San Lorenzo a Firenze per Como I de’ Medici. Tutto in quest’opera è determinato dalla volontà dell’artista e della sua mecenate (Patricia Rubin)?
Una questione tematica non può, ovviamente, rendere conto della varietà di approcci alimentati da una nozione così ricca come quella di indeterminazione. È tuttavia un’occasione per ripensare il ruolo della critica e della disciplina storica di fronte alle dissonanze in atto nelle produzioni studiate, lasciando la porta aperta ad altre forme di conoscenza. Tenere conto dell’indeterminatezza dell’opera, della sua resistenza a essere colta e apprezzata completamente, anche al di là della volontà del suo autore, significa anche riconoscere l’autonomia dell’arte e l’infinita varietà di incontri che essa può provocare con diverse soggettività. In altre parole, riconsiderare l’infallibilità di una presunta oggettività dell’analisi e del distacco critico. Ma significa anche essere cauti nei confronti dell’attività ermeneutica e della sua capacità di esaurire tutte le possibili sfaccettature dell’opera. Il modo in cui guardiamo gli oggetti d’arte cambia, il loro spessore vitale si misura nel tempo.
Così, nella sezione Villa Medici, Storia e Patrimonio, due articoli propongono studi da prospettive diverse, ma per nulla contraddittorie, sull’Arazzo indiano, che negli ultimi anni è stato oggetto di molte discussioni, catalizzando posizioni, interpretazioni e reazioni molto diverse (Cécile Fromont, Gerlinde Klatte).
Siamo ancora di fronte al potere dell’arte, al potere delle immagini, le cui motivazioni sono ben lungi dall’essere determinate. Il ruolo di Studiolo è quello di accogliere questi punti di vista complessi e intersecanti, capaci di interrogare, di illuminare senza congelare, di alimentare i dibattiti con tutti gli approcci metodologici e i punti di vista intellettualmente fondati sulla ricerca.
Francesca Alberti e Sam Stourdzé
Sommario
DOSSIERINDÉTERMINATION – « Chien qui court. Le froissé, l’indéterminé » – Guillaume Cassegrain – Scienza pittorica come forma dell’indeterminazione. L’« indefinito » nel lessico e nella sintassi di Leonardo da Vinci – Elena Paroli – Dangerous Liaisons : Compromising Positions and Provocative Allusions in Bronzino’s « Martyrdom of St Lawrence » – Patricia Rubin –Monet et Redon au prisme de Mallarmé – Olivier Schuwer – « Furore » et « non-finito » : l’esthétique de l’indéterminé chez Donatello, Ficin, Michel-Ange et Vasari – Baptiste Tochon-Danguy
VARIA – La braguette : mode et morale dans l’Europe des cours au XVIe siècle – Gaylord Brouhot – « Tousiours craignant en tous temps peste ». Peste et tempête dans le Saint Roch et le donateur de Parmesan – Florence Larcher
DÉBATS – Il seno di Poppea o l’antifrasi del velo – Michele Di Monte
CHAMP LIBRE – Ce que l’on veut bien voir – Coralie Barbe – Miguel, Michel et moi… – Anne-James Chaton – Tout ce que j’ai vu – Adila Bennedjaï Zou – Pierre vivante – Clément Périssé
VILLA MÉDICIS, HISTOIRE ET PATRIMOINE – Kongo, Brésil et Colonies : les enjeux du visible et de l’invisible dans les Tentures des Indes de la Villa Médicis – Cecile Fromont – Entretien autour de La Teinture des Indes avec Gerlinde Klatte – Francesca Alberti – Actualités du département d’Histoire de l’art
RÉSUMÉS ET BIOGRAPHIES
Sintesi
DOSSIER
« Chien qui court. Le froissé, l’indéterminé » – Guillaume Cassegrain L’esercizio previsto di riassumere presuppone che il discorso sviluppato nell’articolo possa essere ridotto ai suoi argomenti principali, facendo così emergere la logica generale della dimostrazione. L’indeterminato, di cui lo stropicciato potrebbe essere una figura, resiste alla logica della sintesi per la sua capacità di dire senza dire, di designare una cosa senza individuarla e tende più apertamente alla digressione illimitata, correndo indefinitamente, come il cane di Leonardo Sciascia o di Maurice Blanchot, verso una preda che non si può afferrare. Lo ‘stropicciato’, che è allo stesso tempo una forma e una sensazione, disturba le capacità descrittive in cui la storia dell’arte ha tuttavia riposto le sue speranze per stabilire il valore scientifico di un discorso sull’arte. I pittori moderni hanno percepito molto presto la potenza espressiva che lo stropicciato poteva contenere e, come i tessuti di Vermeer con la loro superficie alterata, abbiano utilizzato questo motivo per evidenziare la singolarità di un linguaggio plastico che, lungi dall’essere chiuso in sé stesso, non cessa di chiamare un «rapporto di infinito».
Scienza pittorica come forma dell’indeterminazione. L’« indefinito » nel lessico e nella sintassi di Leonardo da Vinci – Elena Paroli L’articolo propone una riflessione sul modo in cui Leonardo da Vinci esprime, linguisticamente, un aspetto primordiale della sua concezione del reale: l’indefinito. Attraverso l’analisi di passi tratti dai suoi codici (e in particolar modo dal Libro della pittura), l’autore intende dimostrare come alcune scelte lessicali e retoriche ricorrenti rinviino al tema dell’indeterminabilità, potendo così ipotizzare la presenza di una lingua, e non solo di una pittura, «sfumata».
Dangerous Liaisons : Compromising Positions and Provocative Allusions in Bronzino’s « Martyrdom of St Lawrence » – Patricia Rubin L’indeterminatezza caratterizza la letteratura sul monumentale affresco del Martirio di San Lorenzo di Agnolo Bronzino nella chiesa di San Lorenzo a Firenze. Un’instabilità intenzionale o una destabilizzazione del significato fisso sono state attribuite alla composizione con i suoi nudi atletici. Da un lato il manifesto michelangiolismo del vocabolario figurativo è stato ritenuto una dichiarazione di stile fiorentino nella linea di Jacopo Pontormo, Bronzino e Alessandro Allori (che vi sono ritratti). Al contrario, è stato anche descritto come un’iperbole burlesca di uno stile promosso da Vasari nelle sue Vite. Per alcuni è un luogo di resistenza all’egemonia culturale del duca Cosimo de’ Medici. Per altri è una summa degli obiettivi dell’Accademia del disegno recentemente fondata. Vi è un consenso sul fatto che l’allusività dell’opera può essere associata alla poesia del Bronzino, il cui spettro va dalle allusioni sessuali e dall’umorismo giocoso delle sue rime burlesche ai sobri sonetti in stile petrarchesco. Si sostiene qui che Bronzino non dipingesse in opposizione al regime, ma che non rifuggisse neppure dall’essere provocatorio o dall’usare il suo spirito pungente. In seguito all’identificazione del Bronzino come poeta-pittore, si propone che il Martirio abbia una determinata coerenza specificamente derivata da Dante.
Monet et Redon au prisme de Mallarmé – Olivier Schuwer Monet e Redon incarnano i poli antitetici dell’arte moderna alla fine del XIX secolo: l’incisione e la pittura, il chiaro e l’oscuro, il plein air e le fantasticherie intime, l’arte detta «impressionista» e l’arte detta «simbolista». Questi artisti, che pure a priori sembrerebbero opposti in tutto, si collocano in un medesimo spettro mallarmeano: definiscono infatti le loro opere in termini simili (indeterminazione, mistero, ambiguità) e sono uniti nell’ammirazione che ispirano a Mallarmé, cantore della «suggestione». L’articolo, che assume la forma di un trittico, si propone di analizzare la funzione centrale svolta dall’indeterminazione intorno al 1890: come modalità plurale di comunicazione estetica, essa si impone tanto come luogo comune di un vasto movimento in cerca di «suggestioni», quanto come veicolo per una nuova storia dell’arte che trascende le proprie categorie tradizionali.
« Furore » et « non-finito » : l’esthétique de l’indéterminé chez Donatello, Ficin, Michel-Ange et Vasari – Baptiste Tochon-Danguy Tramite i concetti di caos e di infinito, Ficino poneva l’indeterminatezza al cuore del processo di informazione della materia, concepito sul modello della creazione artistica. L’articolo si propone di esaminare come la scultura di Donatello e di Michelangelo ha affrontato l’indeterminatezza insita nella esecuzione di un’opera dinamica. Partendo dallo scritto seminale di Vasari sulla Cantoria di Donatello si analizza come il non-finito conservi una indeterminatezza che collega l’opera al processo creativo (furore). L’estetica dell’indeterminatezza si ritrova quindi nella struttura della Cantoria, come nelle superfici abbozzate di Michelangelo e in alcune delle teorie artistiche dalla fine del Quattrocento alla metà del Cinquecento.
VARIA
La braguette : mode et morale dans l’Europe des cours au XVIe siècle – Gaylord Brouhot Quando si vogliono ricercare le origini della brachetta nell’abbigliamento maschile del XVI secolo, si ricorre in genere ad aneddoti, scritti morali e tutta una letteratura burlesca, volti a distorcere la storia della sua creazione, del suo uso, che contribuiscono alla creazione della leggenda che, una volta passata di moda, la vuole accessorio indecente. Eppure, il notevole corpus di rappresentazioni, considerato nell’arco di un secolo e su scala europea, testimonia di una storia che ha meno a che fare con la formulazione vestimentaria di un culto orchestrato attorno all’organo sessuale, quanto piuttosto con la esuberanza tipica delle pratiche sartoriali, del costume, dei codici di civiltà e del gusto della società di corte rinascimentale.
« Tousiours craignant en tous temps peste ». Peste et tempête dans le Saint Roch et le donateur de Parmesan – Florence Larcher L’articolo prende in esame il San Rocco e un donatore dipinto da Parmigianino, nel 1527 a Bologna, analizzando come la peste e la tempesta siano associate nella teoria dell’arte, nella medicina, nella religione e nel folklore dell’Italia settentrionale del primo Cinquecento. Affronta in un primo momento la poetica della macchia e la retorica del colore che si sviluppano nei tre motivi che reificano la guarigione: dal bubbone, alle nuvole sino al mantello di San Rocco, e prosegue tornando su quanta parte di intemperanza ci sia nella analogia tra la peste e la tempesta, per dimostrare quanto questa abbia a che fare con il galenismo coma anche con l’esegesi sul Dies iræ o con la devozione dedicata a san Rocco.
DÉBATS
Il seno di Poppea o l’antifrasi del velo – Michele Di Monte L’indeterminatezza, l’impossibilità, talvolta strutturale, di poter stabilire e verificare confini precisi nel trattare di oggetti, eventi e più in generale della realtà, è un fenomeno ubiquitario anche se spesso sorprendente. L’arte, e una certa letteratura artistica recente, vi hanno riconosciuto uno strumento e una risorsa utili a mettere in crisi le presunte certezze della tradizione e a prospettare inedite aperture nel nostro rapporto con il mondo. Ma dell’indeterminatezza, anche in arte, si parla spesso in maniera troppo indeterminata, e ci si lascia sfuggire che un tale fenomeno è per molti aspetti meno rivoluzionario e più profondamente problematico di quanto si tenda a credere.
VILLA MÉDICIS, HISTOIRE ET PATRIMOINE
Kongo, Brésil et Colonies : les enjeux du visible et de l’invisible dans les Tentures des Indes de la Villa Médicis – Cecile Fromont Un’amaca. Palme. Scimmie e uccelli. È facile riconoscere negli arazzi delle Antiche Indie di Villa Medici la curiosità scientifica e al tempo stesso il gusto per l’esotico che era così popolare nelle arti decorative francesi del XVII e XVIII secolo. Ma cosa pensare della rappresentazione di uomini e donne dalla pelle nera che vi figurano tra flora tropicale e zuccherifici? Questo articolo passa in rassegna l’origine e l’iconografia degli arazzi per rendere visibile il loro coinvolgimento nel progetto coloniale della Francia. Riflette così sulla visibilità o sull’invisibilità della storia coloniale nei monumenti del patrimonio e sulle conseguenze del modo in cui questi oggetti, con il loro pesante bagaglio storico e sociale contemporaneo, sono messi in discussione.
Studiolo n°18 (2023)
Indétermination Coedizione Académie de France à Rome – Villa Médicis e Macula Éditions. Publicazione : febbraio 2023 232 pabine – 160 ill. coul. – 13 ill. n & b 23 x 31 cm 29 € ISBN 978-2-86589-140-5 ISSN 1635-0871