Studiolo n°18

Studiolo è la rivista annuale di storia e teoria dell’arte dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici. Offre un forum per le ricerche più attuali della storia dell’arte, sia per quanto riguarda i suoi oggetti che i suoi metodi. È particolarmente interessato alla produzione di immagini e agli scambi artistici tra Italia, Francia ed Europa, dal Rinascimento ai giorni nostri. Ogni numero comprende un Dossier Tematico, oltre a tre sezioni: Varia, aperta a proposte fuori tema; Dibattiti, dedicata alla storiografia e alle recensioni di libri di approfondimento; e Villa Medici, Storia e Patrimonio, che si occupa della storia dell’Accademia di Francia a Roma e delle attività e dei progetti di restauro seguiti dal dipartimento di storia dell’arte. Infine, in Champ libre, Studiolo apre le sue pagine alle proposte dei borsisti dell’anno in corso.

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A proposito dello Studiolo n°18

Éditorial

La sfida posta alla storia dell’arte dall’indeterminazione è grande, qualunque sia l’approccio alle immagini, perché il compito del lavoro critico e storico è quello di osservare, descrivere, comprendere, classificare, spiegare a priori… Questo è il segno distintivo di una disciplina basata sul discorso che cerca di rendere conto dell’eloquenza delle opere d’arte che studia. Eppure, sono molti i fenomeni che sfuggono ai registri della discorsività tradizionale e che mettono alla prova l’atto stesso di nominare e, con esso, le categorie che hanno strutturato la disciplina della storia dell’arte (Georges Didi-Huberman).

Scegliendo di (ri)pensare il problema dell’indeterminazione nel numero 18 di Studiolo, abbiamo voluto accompagnare e ampliare una riflessione che è stata al centro della preparazione della mostra Gribouillage / Scarabocchio. De Léonard de Vinci à Cy Twombly, organizzata nel 2022 a Villa Medici e nel 2023 alle Beaux-Arts de Paris. L’indeterminazione è all’opera in vari modi nel disordine grafico dello scarabocchio. Tale pratica, che popola i margini delle opere rinascimentali, appare inclassificabile, addirittura incomprensibile, rispetto ai criteri di giudizio e alle convenzioni artistiche dell’epoca.

Solo nel XX secolo, quando finalmente uscì dall’ombra, iniziò a riecheggiare le ambizioni e il desiderio di indeterminazione (della visione, della forma, del contenuto, delle categorie, ecc.) delle avanguardie artistiche: “Non figurare nulla, figurare almeno ciò che non ha nome, l’indeterminato”, scriveva Jean Dubuffet. Come comprendere un fenomeno quando non ci sono parole per designarlo, senza disconoscerlo, mantenendo la parte di confusione e perplessità che impone? La questione della parola è centrale nel problema dell’indeterminazione. Come nota Dario Gamboni, l’indeterminazione è spesso definita negativamente “come lo stato d’animo di una persona che non è in grado di prendere una decisione, di determinarsi” e come “il carattere di una cosa che non è definita, stabilita, delimitata con precisione”.

Eppure molti fenomeni ed espressioni visive sono di questo ordine: Leonardo da Vinci non riusciva a trovare le parole per descrivere le qualità inafferrabili e indicibili della natura che cercava di dipingere (Elena Paroli); la critica d’arte è stata spesso sconcertata dall’incapacità descrittiva della maggior parte dei linguaggi di esprimere gli aspetti più sensibili dell’arte e di ridurre l’esperienza soggettiva a dati oggettivi (Guillaume Cassegrain). La creazione è un incontro con l’indeterminato: con le infinite e illimitate possibilità contenute nella materia stessa (Baptiste Tochon-Danguy). La mancanza di determinazione si trasforma allora in un potenziale, in una forza che gli artisti possono cogliere, ad esempio, nel non finito come qualità estetica, o per forgiare nuove poetiche visive, che stimolano ulteriormente la percezione con la loro ambiguità in contrasto con la chiarezza e la leggibilità retorica delle opere accademiche (Olivier Schuwer). Ma fino a che punto un tale uso dell’indeterminazione è compatibile con la nozione stessa, con il “difetto” della determinazione? Un excursus filosofico e concettuale, nella sezione Debate, mette l’indeterminazione alla prova dell’analisi logica per sottolineare la presunta relatività di questa nozione, sia dal punto di vista della prassi artistica che della sua ricezione (Michele Di Monte).

Stranamente, è spesso il desiderio di non cedere all’indeterminazione a stimolare le “letture” più avanzate delle opere antiche da parte degli storici dell’arte. È il caso di una nuova analisi dell’affresco del Martirio di San Lorenzo dipinto dal Bronzino nella chiesa di San Lorenzo a Firenze per Como I de’ Medici. Tutto in quest’opera è determinato dalla volontà dell’artista e della sua mecenate (Patricia Rubin)?

Una questione tematica non può, ovviamente, rendere conto della varietà di approcci alimentati da una nozione così ricca come quella di indeterminazione. È tuttavia un’occasione per ripensare il ruolo della critica e della disciplina storica di fronte alle dissonanze in atto nelle produzioni studiate, lasciando la porta aperta ad altre forme di conoscenza. Tenere conto dell’indeterminatezza dell’opera, della sua resistenza a essere colta e apprezzata completamente, anche al di là della volontà del suo autore, significa anche riconoscere l’autonomia dell’arte e l’infinita varietà di incontri che essa può provocare con diverse soggettività. In altre parole, riconsiderare l’infallibilità di una presunta oggettività dell’analisi e del distacco critico. Ma significa anche essere cauti nei confronti dell’attività ermeneutica e della sua capacità di esaurire tutte le possibili sfaccettature dell’opera. Il modo in cui guardiamo gli oggetti d’arte cambia, il loro spessore vitale si misura nel tempo.

Così, nella sezione Villa Medici, Storia e Patrimonio, due articoli propongono studi da prospettive diverse, ma per nulla contraddittorie, sull’Arazzo indiano, che negli ultimi anni è stato oggetto di molte discussioni, catalizzando posizioni, interpretazioni e reazioni molto diverse (Cécile Fromont, Gerlinde Klatte).

Siamo ancora di fronte al potere dell’arte, al potere delle immagini, le cui motivazioni sono ben lungi dall’essere determinate. Il ruolo di Studiolo è quello di accogliere questi punti di vista complessi e intersecanti, capaci di interrogare, di illuminare senza congelare, di alimentare i dibattiti con tutti gli approcci metodologici e i punti di vista intellettualmente fondati sulla ricerca.

Francesca Alberti e Sam Stourdzé


Studiolo n°18 (2023)

Indétermination
Coedizione Académie de France à Rome – Villa Médicis e Macula Éditions.
Publicazione : febbraio 2023
232 pabine – 160 ill. coul. – 13 ill. n & b
23 x 31 cm
29 €
ISBN 978-2-86589-140-5
ISSN 1635-0871

Sommario
Sintesi e biografie