Alexandre Desplat: “La mia ispirazione? Il cinema italiano”

E’ un “concerto-visivo” che intreccia ben 7 originalissimi percorsi artistici quello del Traffic Quintet , che il 31 luglio 2009 ha proposto en plein air a Villa Medici il programma ” Nouvelles Vagues de Godard à Audiard” :trascrizioni libere elaborate attorno alla Nouvelle Vague dal compositore di musica per il cinema candidato all’Oscar Alexandre Desplat . Le musiche – eseguite dal quintetto d’archi guidato da Dominique Lemonnier e composto dalla violinista Anne Ville tt e , la violista Estelle Villo tt e , il violoncellista Christophe Morin e il contrabbassista Philippe Noharet –  scorrevano sullo sfondo di immagini montate dal celebre videoartista Ange Leccia. Un evento live che mette insieme suggestioni musicali e cinematografiche grazie al connubio tra un quintetto d’archi che, con il suo nome, celebra l’arte di Jacques Tati e il musicista francese che si è affermato nel mondo grazie alle colonne sonore di film come Sulle mie labbra di Jacques Audiard, La ragazza con l’orecchino di perla di Peter Webber e, recentemente, il puripremiato Il curioso caso di Benjamin Button. Per l’affollato concerto a Villa Medici Desplat ha composto un programma di brani tratti dalle colonne sonore di film come Il disprezzo, Jules e Jim e Un héro très discret , tutti rielaborati per il quintetto d’archi. Ospite dell’Accademia di Francia – Villa Medici, Alexandre Desplat ci ha parlato della sua arte, delle sue suggestioni, del suo rapporto con l’Italia e con il suo cinema e della sua fortunata carriera hollywoodiana, che lo rende a tutti gli effetti il degno erede di musicisti immortali come Michel Legrand, Georges Delerue e Maurice Jarre, compositori francesi approdati a Hollywood con colonne sonore indimenticabili. Come e quando è iniziata la sua carriera nella musica e, in particolare, nel campo della musica per il cinema? Da quando ho iniziato a scrivere musica mi sono sempre visto come compositore di musica da film, e mai da concerto. I miei idoli sono da sempre i registi cinematografici – francesi, americani o italiani in particolare – ma ho sempre ascoltato musica di tutti i tipi, soprattutto la classica o il jazz perché, secondo la lezione di Georges Delerue, per fare bene questo lavoro bisogna saper fare tutto e confrontarsi con tutti i tipi di musica. Ho iniziato il mio percorso scrivendo la musica per un cortometraggio nel 1982 e poi ho continuato con le partiture di musica per il teatro e per centinaia di opere televisive, sapendo però che il mio vero sogno restava il grande schermo. Ho sempre sperato di scrivere musica per il cinema e la prima occasione importante è arrivata con la colonna sonora di Le souffleur di Frank Le Wita, che poi è stato produttore di film come Le passeggiate al campo di Marte di Robert Guédiguian. Ci sono stati incontri particolarmente importanti che hanno segnato la sua carriera? Sicuramente quello con Jacques Audiard, che è avvenuto proprio grazie a Frank De Wita. In seguito, quando negli anni ’90 ho lavorato ai miei primi film in Inghilterra, ho avuto la possibilità di entrare in contatto con Peter Webber e Stephen Frears, che hanno lanciato la mia carriera hollywoodiana. Con il primo ho collaborato per le musiche de La ragazza con l’orecchino di perla : quando l’ho conosciuto mi ha detto che aveva amato moltissimo Sulle mie labbra , e che piuttosto che vederlo lo aveva ascoltato… La hanno spesso paragonata ai grandi compositori francesi per il cinema che hanno avuto un’importante carriera hollywoodiana, come Delerue, Legrand e Jarre. Sono queste le sue fonti di ispirazione? Questi artisti sono certamente dei punti di riferimento per me, ma se torno al passato mi rendo conto che il puzzle che ispirava le mie prime composizioni musicali era composto non solo da musiche di film francesi, ma anche da suggestioni eterogenee come quelle di Ravel, Bill Evans, Miles Davis, Nino Rota, Bernard Herrmann. Tutti i loro colori sono scivolati in me e paradossalmente all’inizio hanno reso il lavoro più difficile, perché ero troppo pieno di codici e di riferimenti. Cosa significa comporre la musica di un film? Vuol diretrovare un equilibro tra la visione estetica del regista e la propria visione profonda e sincera: non si deve creare la propria opera personale, ma accompagnare il regista in un suo percorso. In questo senso non ci sono differenze nel lavoro per un film hollywoodiano o europeo, tutto dipende piuttosto dal tipo di cinema che si sceglie, se si tratta di un cinema che ha un ruolo di funzione o di finzione: per il primo si seguono le immagini, le si accompagnano illustrando qualcosa; per il secondo bisogna invece creare un’ulteriore profondità di campo, in cui c’è qualcosa di più personale. E’ il caso di tutti i film di Audiard, ma anche di Stephen Frears e di David Fincher. …penso che sia evidente quale tra i due tipi di cinema preferisco. Di solito ho delle lunghe conversazionicon il regista, che spesso mi mostra delle immagini: anche solo qualche scena che mi permette di capire la luce, i volti dei protagonisti, la scenografia, la messinscena, in poche parole l’oggetto estetico con cui dovrò confrontarmi. E’ la sua prima volta in Italia? E’la prima voltache vengo a Villa Medici, che è un posto meraviglioso, ma ero già stato in Italia altre volte, soprattutto a Napoli. Sono molto legato a questo paese, il cui cinema mi ha enormemente influenzato: i film di Pasolini, Scola e Rossellini hanno anticipato in me l’immaginario dell’Italia prima che la visitassi, e poi la musica di Nino Rota e di Morricone ha forgiato la mia musica e la mia personalità, che si è costruita proprio con i film italiani. Ho visto C’eravamo tanto amati al cinema almeno dieci volte e quando mi è capitato anni fa di trovarmi a un festival seduto vicino a Ettore Scola non ho osato parlargli, tale è il rispetto e l’ammirazione che provo per lui. Il cinema italiano è l’unico, insieme forse a quello giapponese di Ozu e Kurosawa, a far convivere tre elementi fondamentali: il sociale, la tragedia e la commedia. Michela Greco

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