Bertrand Lavier

Da mercoledì 28 gennaio a domenica 8 marzo 2009, l’Accademia di Francia a Roma, diretta da Frédéric Mitterrand, dedica una mostra a Bertrand Lavier , a cura di Giorgio Verzotti, con circa quaranta opere, di diverse dimensioni, che documenteranno l’intero percorso creativo dell’artista francese, dai primi lavori datati 1978 all’installazione nei giardini appositamente pensata per la facciata interna di Villa Medici, dove tra l’altro figurerà anche la Fontaine opera dell’artista, a suo tempo realizzata in occasione della grande collettiva La ville, le jardin, la mémoire. Bertrand Lavier è riconosciuto, a livello internazionale, come uno degli artisti francesi più significativi degli ultimi decenni, e la sua opera ha lasciato molte tracce anche in Italia, dove ha esposto in numerosi musei pubblici e gallerie private. Il suo lavoro si può definire di matrice concettuale, dove però l’intento analitico è spostato dal linguaggio dell’arte in sé, verso il confronto fra quest’ultimo e il mondo della comunicazione sociale e degli oggetti comuni. Più precisamente, Lavier mette in rilievo i meccanismi di attribuzione di valore invalsi nel mondo dell’arte e li confronta con quelli con cui siamo abituati a valutare, usare e consumare gli oggetti tipici della nostra contemporaneità, da quelli più banali a quelli più preziosi. Bertrand Lavier indaga sul confine, a volte molto sottile, che separa questi due universi oggettuali, e pone in primo piano il feticismo che direziona i nostri comportamenti all’interno di essi. Senza dubbio, l’artista si rifà al grande precedente di Marcel Duchamp e dei suoi ready-made, oggetti qualsiasi esposti in quanto tali nei luoghi istituzionali dell’arte. Come per Duchamp, il punto di partenza di Lavier è un approccio di tipo linguistico, e meta-linguistico. La selezione delle opere per questa mostra, tutte scelte in base alle specificità degli spazi espositivi di Villa Medici, documenta le diverse strategie intraprese dall’artista per affrontare queste tematiche. Lo scollamento, fra parole e cose, fra oggetti e concetti, è presente già nei primi lavori della fine degli anni Settanta: come nominare un colore? Come distinguerlo dalle innumerevoli sfumature di tono? Come far coincidere il concetto di “rosso” con una realtà precisa? È questo il cimento in cui si impegnano i dittici monocromi di cui vediamo in mostra diversi esemplari. La mostra di Bertrand Lavier è accompagnata da un catalogo edito da Presses du réel, con un’introduzione di Frédéric Mitterrand e i testi di Bernard Blistène, di Marylène Malbert e di Giorgio Verzotti.